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Tra poco meno di una settimana sapremo se a governare l’Emilia Romagna per i prossimi anni sarà ancora il Partito Democratico o se quella che viene definita la “Regione Rossa” per eccellenza passerà ad essere amministrata dalla Lega di Matteo Salvini.
Secondo molti analisti e giornalisti una sconfitta della sinistra potrebbe essere un colpo mortale anche al governo PD-Cinque Stelle (non lo chiamerò giallo- rosso perché di rosso ha davvero molto poco) ma potrebbe essere anche un colpo notevole alle ambizioni di rinnovamento della sinistra di governo che il Partito Democratico vorrebbe incarnare.
In questo contesto elettorale qualche mese fa è entrato a gamba tesa il “Movimento delle Sardine” nato per “contestare il linguaggio e la politica di Salvini” un movimento che in qualche modo ha suscitato l’entusiasmo di molti (soprattutto a sinistra) perché vedono nel movimento una sorta di risveglio della coscienza civile.
Eppure, nonostante questo, la vittoria della Lega in Emilia non sarebbe poi una possibilità tanto remota.
Partiamo proprio da quella che potrebbe essere la “spinta propulsiva” del Movimento delle Sardine.
Nato come movimento di contestazione a Salvini (dando perlomeno in Emilia precise indicazioni di voto verso Bonaccini) per molti versi manca di quella che si potrebbe definire una “prospettiva più ampia” proponendo delle reali alternative ad anni di politiche sbagliate nel Paese.
Indubbiamente, il fatto che il Partito Democratico voglia dialogare con loro segna una nota di apertura da parte del PD ad aprirsi alla società civile, apertura che però rischia di non bastare. Abbiamo analizzato più volte (a costo di risultare noiosi) quelli che a nostro avviso sono i difetti della sinistra negli ultimi anni per cui non penso sia il caso di tornarci, quello che però possiamo ribadire è che senza una (necessaria) sterzata nella rotta la sinistra in Italia continuerà ad essere fallimentare rispetto ad una destra che riesce a rispondere a quelle che sono le esigenze momentanee del Paese.
Va ripensato il modo stesso di fare politica, come giustamente ha detto Fabrizio Barca, è necessario che un partito che si definisce di sinistra torni ad essere dalla parte degli ultimi, avendo però in mente una chiara visione di quelle che sono le necessità di una popolazione ormai vessata da anni di politiche di austerity imposte dall’Europa e da scelte economico – politiche che hanno portato all’impoverimento del cittadino medio, creando una sorta di estensione della proletarizzazione nel mondo del lavoro.
La completa mancanza di una regolamentazione in quelle che sono le politiche del lavoro degli ultimi anni hanno portato ad un “superamento in negativo” di quella che un tempo era chiamata proletarizzazione della società, attraverso il processo della precarizzazione dei posti di lavoro, problema che il tanto esaltato Jobs Act non ha eliminato, ma lo ha semplicemente regolamentato (togliendo peraltro quelle poche tutele che ancora erano rimaste ai lavoratori).
A questo possiamo anche aggiungere che nel corso degli anni la sinistra ha pensato di poter regolamentare i processi della globalizzazione, pensando di poter costruire una sorta di “liberalizzazione dal volto umano” pensando di essere in questo modo in grado di regolamentare i processi della globalizzazione. Questa strada ha condotto alla nascita di una sorta di “Terza Via” all’italiana (incarnata da Matteo Renzi) il quale ha imposto al Partito Democratico una serie di politiche che potremmo senza esitazione definire provenienti dalla Scuola di Chicago (dove per la prima volta vennero teorizzate le idee liberiste).
Tornare a contare vuol dire ripensare (da parte della sinistra) il modo di pensare la politica e l’economia, pensando ad un sistema che riporti lo Stato al centro dell’economia costruendo quel sistema ipotizzato molto bene da Mariana Mazzuccato nel suo libro Lo Stato Innovatore dove si ipotizza che lo stato stesso possa assumere un ruolo imprenditoriale nella costruzione di un sistema economico basato su principi più equi. Non si tratta di negare il capitalismo o proporne il superamento, ma di ipotizzare un sistema dove alcuni elementi che potremmo definire “socialisti” sono alla base di una regolamentazione di un mercato che se lasciato solo porta all’acutizzarsi delle differenze sociali.
Se la sinistra vuole tornare a vincere, dunque, deve ripartire innanzi tutto dall’elaborare una nuova forma di pensiero, senza scadere da un lato nel suo superamento a destra e dall’altro nella visione di una società nostalgica di un partito (quello comunista) proponendo soluzioni non applicabili o quanto meno di difficile realizzazione.
La sinistra riparta da quelli che sono i suoi pensatori teorici: riparta da Marx, da Gramsci, dalla scuola di Francoforte, perché solo in questo modo sarà in grado di ricostruire un pensiero egemonico forte a sinistra, capace di contrastare Salvini sul suo stesso campo, quello ideologico.
In caso contrario sarà destinata ad essere sconfitta per molte altre elezioni.
Questo avviene non tanto perché gli elettori sono “cretini” (altro vizio che la sinistra radical chic si deve togliere) ma perché – nonostante ritenga Salvini un pessimo politico – in qualche modo riesce a rispondere (in maniera completamente sbagliata) a quelle che sono le esigenze di un elettorato che appare sempre più insofferente verso le imposizioni di un Parlamento, quello europeo, percepito come distante e come “nemico” da parte del popolo.
Prendiamo le politiche sull’immigrazione: a parte il fatto di considerare “razzisti” e “fascisti” tutti coloro che sollevano un logico problema di disagio sociale (l’immissione di immigrati in zone disagiate porta altro disagio) ha spinto parte della popolazione a votare per chi, in modo sbagliato, risponde alla loro domanda non solo di regolamentazione dei flussi migratori ma anche alla lotta ad una situazione di degrado che ormai sta sfuggendo di mano.
Pensare che si possa risolvere tutto ammassando chi entra in dei centri di accoglienza (che non sono in grado di accogliere più un numero di persone) e lasciare poi che queste persone letteralmente vegetino nelle strade, con il rischio concreto di finire dritte nelle braccia della malavita, significa non comprendere che la soluzione deve essere pensata in modo diverso. Ovviamente questo non presuppone (come invece vorrebbe Salvini) che a chi salva persone venga impedito di entrare nelle nostre coste (quindi no, non si può sparare agli immigrati) ma serve applicare una politica con i porti del Mediterraneo perché i flussi vengano se non fermati perlomeno regolamentati.
Questo ovviamente è solo uno degli aspetti del problema (quello relativo all’arrivo) ce ne sono poi anche altri che cercheremo di analizzare in seguito come ad esempio quello della regolamentazione (e quindi la piena entrata nel sistema italiano) e l’integrazione, due fenomeni strettamente connessi che devono essere analizzati in maniera più approfondita e separatamente.
Post Scriptum: Ovviamente in un solo articolo non possiamo analizzare tutte quelle che sono le politiche sbagliate della sinistra, ma si può iniziare a pensare seriamente alla costruzione di un “laboratorio di idee” capace di mettere insieme una proposta politica concreta e realmente di sinistra.