L’Europa al voto: come cambiano gli assetti dell’Unione Europea dopo le ultime elezioni

Terminato lo spoglio delle Europee è possibile iniziare a delineare quelli che potrebbero essere gli scenari futuri del prossimo Parlamento Europeo.

Partiamo dai numeri del voto italiano: Fratelli d’Italia si conferma essere il primo partito italiano (con il 28,9%); il Partito Democratico ottiene un buon risultato confermando la leadership interna di Elly Schlein (un buon 24% che conferma il Partito Democratico come architrave di una eventuale alleanza di centro-sinistra); crollo del Movimento Cinque Stelle (che scende al di sotto della soglia psicologica del 10% fermandosi al 9,95%); sostanzialmente identici le percentuali di Lega e Forza Italia (9,72% per Forza Italia e 9,12% per Lega con il secondo trascinato dall’intuizione di candidare Vannacci come capolista); risultato notevole anche per l’Alleanza Verdi/Sinistra che sostanzialmente doppia il risultato delle scorse Europee (6,67% segno che le scelte di Fratoianni si stanno rivelando essere “vincenti”); deludente crollo del fu Terzo Polo (Azione si ferma al 3,34% mentre Stati Uniti d’Europa si ferma al 3,72%)

Fratelli d’Italia

Il buon risultato ottenuto da Giorgia Meloni consolida la forza di Giorgia Meloni all’interno del Governo e rafforza la sua leadership come architrave del centrodestra, di fatto polarizzando lo scontro con il Partito Democratico (che come vedremo si è spostato a sinistra). Allo stesso tempo Fratelli d’Italia si conferma interlocutore credibile al livello europeo per la formazione di una nuova maggioranza spostata verso destra, anche se il PSE potrebbe essere di nuovo determinante nella scelta del prossimo presidente della Commissione (anche questo lo vedremo quando parleremo della sinistra).

Fratelli d’Italia si conferma il solo partito di governo in tutta Europa a consolidare il suo consenso, un segnale importante sia sul piano europeo che sul piano interno, anche se il 24% ottenuto dal Partito Democratico consolida la radicalizzazione della politica italiana con una destra sempre più orientata verso un conservatorismo molto simile a quello britannico ed una sinistra che si avvicina sempre più ad un partito laburista dove convivono moderati e progressisti.

Partito Democratico

Sebbene molti preannunciavano un crollo del Partito Democratico causato dallo spostamento a sinistra fortemente voluto dalla segretaria del PD Elly Schlein il PD aumenta i propri consensi passando dal 17% delle scorse elezioni Europee al 24% di queste consultazioni (migliorando anche il 21% delle scorse elezioni politiche), scongiurando la tanto temuta emorragia di voti.

Vero, l’astensione a queste consultazioni europee resta altissima (ha votato meno del 50% degli aventi diritto al voto) però resta il fatto che il PD esce finalmente dallo steccato della zona ZTL e recuperare qualche consenso tra i lavoratori e soprattutto tra gli under 30.

La scelta di Elly Schlein di condurre una campagna elettorale “casa per casa, strada per strada” (utilizzando un’espressione coniata da Enrico Berlinguer negli anni Ottanta) alla fine dei conti si è rivelata essere una scelta vincente.

Il risultato del PD è importante per due motivi: innanzi tutto perché conferma il ruolo del PD in vista di una qualunque alleanza per sconfiggere la destra (in termini di voti resta insieme a Alleanza Verdi e Sinistra il solo partito che aumenta in maniera esponenziale i propri voti) ma soprattutto perché ancora una volta nel blocco del socialismo europeo il Partito Democratico resta il partito più votato. Alla segretaria democratica va dato il merito di essere riuscita a spostare a sinistra l’asse del partito (riportando dentro i “dissidenti” di Articolo Uno) e di essere riuscita a farlo tenendo dentro l’ala moderata del partito senza drammatici strappi. L’asse Schlein-Bonaccini si conferma vincente anche per tenere in piedi le due anime del partito (la conferma arriva dal fatto che entrano al Parlamento le anime più radicali espressione della volontà della Schlein e tutti i sindaci dell’ala moderata, da Nardella a Gori).

Il lavoro di costruzione di un asse veramente competitivo resta ancora lungo (anche perché i 5 Stelle sono crollati al 10% e il cosiddetto Terzo Polo sembra non avere nessuna intenzione di lavorare alla costruzione di quel “fronte largo” necessario per battere le destre preferendo tenersi le mani libere in fatto di alleanze)

Movimento Cinque Stelle

Il vero sconfitto di queste elezioni europee. Passa dal 18% del tanto contestato di Maio al 10% (dopo aver rischiato per lungo tempo di scendere sotto la soglia psicologica del 10%), pur confermandosi il vero “partito del Sud” dove Conte ha fatto il pieno di voti.

L’astensionismo ha punito soprattutto i Cinque Stelle (dato che il travaso di voti tra 5 Stelle e PD è stato minimo) visto che molti elettori che alle scorse europee avevano votato per il partito di Conte non si sono ripresentati alle urne. Cercare di comprendere le ragioni di quella che appare a tutti gli effetti una sconfitta è fondamentale per la sopravvivenza dei Cinque Stelle anche perché il risultato spegne ogni ambizione di Antonio Conte a presentarsi come federatore di una possibile alleanza a sinistra. Se si volessero capire le cause di questa sconfitta dobbiamo innanzi tutto risalire alle ambiguità dei Cinque Stelle in campo europeo: l’incertezza di una posizione precisa nel Parlamento Europeo così come l’incertezza di una linea politica che resta ambigua (fattore su cui pesa anche l’aver governato sia con la Lega che con il PD) unita ad un sentimento di delusione (soprattutto dei più giovani) che non vedono più nei Cinque Stelle quella spinta al cambiamento inizialmente promessa (quando presero quel 33% di preferenze alle elezioni politiche) ha portato a questa sconfitta del Movimento.

Ora per Conte si apre una fase piuttosto delicata: da “portavoce” deve decidere dove collocare (politicamente) il movimento, se a sinistra o se rimanere una forza ambiguamente centrista che adegua le proprie politiche all’alleato di turno.

Lega per Salvini Premier

Analizzare il voto della Lega appare piuttosto complesso: da un lato Matteo Salvini recupera (grazie all’intuizione di candidare il Generalissimo Vannacci) un buon 2% (soprattutto al Sud) rosicchiando qualcosa a Forza Italia (il vero antagonista della Lega nella lotta ai voti tutta interna al centrodestra) ma perdendo nettamente voti al Nord.

Del resto non poteva essere altrimenti: la scelta fatta ormai da tempo da parte di Salvini di trasformare la Lega in un partito sovranista nazionale è una scelta che ha avvicinato molte persone al Sud ma ha di fatto allontanato quella parte di elettorato della Lega ancora convinto del federalismo e dell’autonomia del Nord (non a caso la Lega ha perso le elezioni amministrative a Pontida, da anni sede dei raduni della Lega) e si è alienato una parte della sua stessa classe dirigente a partire proprio da Umberto Bossi, il Senatur che ha dichiarato di aver votato Forza Italia alle elezioni Europee di fatto sconfessando la linea politica di Salvini e la sua segreteria.

Del resto non poteva essere altrimenti: la Lega Nord si è sempre dichiarata “federalista” ed “antifascista” idee entrambe sconfessate dalla segreteria di Matteo Salvini.

Ora, per il leader della Lega la sola speranza è che il partito della Le Pen non lo abbandoni in Europa (per aderire ai Conservatori) abbandonando la linea “fascista” per adottare un profilo più gollista per conquistare la presidenza della Repubblica Francese alle prossime elezioni presidenziali.

Alleanza Verdi Sinistra

Sono i veri vincitori delle elezioni: dati a poco meno del 3% prima delle elezioni raggiungono il 6,2% triplicando il risultato delle scorse elezioni europee, recuperando consensi (soprattutto tra i più giovani), togliendo voti soprattutto ai Cinque Stelle.

Un successo costruito tanto da Bonelli (segretario dei Verdi) ma soprattutto da Nicola Fratoianni che ha messo in piedi una lista con delle candidature politicamente forti (andando spesso anche contro l’opinione pubblica ed il Governo). Una su tutte, la candidatura di Ilaria Salis, sotto processo in Ungheria e ora “liberata” dall’immunità parlamentare e di Ignazio Marino (che torna alla politica dopo la fine della sua avventura come sindaco di Roma).

AVS diventa così un alleato prezioso per il Partito Democratico nella costruzione del campo progressista permettendo alla segreteria PD di avere un interlocutore fermo nelle sue posizioni ma allo stesso tempo molto più dialogante rispetto a Conte che cerca di ritagliarsi un ruolo di leader nella coalizione di centrosinistra.

Terzo Polo (Azione-Italia Viva- +Europa)

Ultimo (in tutti i sensi) il Terzo Polo non riesce a raggiungere il quorum anche perché si è presentato diviso alle elezioni europee che avrebbero dovuto segnare il successo del movimento Renew Europa vicino alle posizioni di Macron (il quale peraltro è stato pesantemente sconfitto tanto da dover indire elezioni anticipate). Pensare che andando insieme avrebbero potuto avere il 7% deve far riflettere tanto Matteo Renzi quando Carlo Calenda.

Il problema del Terzo Polo è che nessuno dei due maggiori azionisti (Renzi e Calenda) sembrano avere intenzione di deporre le armi e lavorare per una vera e propria unione politica. Insomma, il Terzo Polo rischia di essere l’ennesimo tentativo fallimentare di costruire un polo centrista in Italia, anche perché la maggior parte delle realtà centriste (quella di Noi moderati di Lupi per esempio) ha deciso di sostenere (e per ora confluire) in Forza Italia piuttosto che nel Terzo Polo.

Ora si tratta di rimettere insieme i cocci di una coalizione iniziata male e finita peggio, segnata per tutta la sua esistenza dalle litigate tra Renzi e Calenda che sembrano essere i capponi di Alessandro Manzoni, incapaci di allearsi anche di fronte alla certezza di poter evitare la morte (si intende politica in questo caso) solo stando alleati.

Cosa cambia in Europa?

Queste elezioni europee di fatto lasciano la situazione politica dell’Unione Europea sostanzialmente invariata. Difficilmente il centrodestra potrà nominare il Presidente della Commissione senza l’apporto del PSE (a meno che non apra ai sovranisti di Marine Le Pen) per cui si rischia una seconda maggioranza Von der Layen, eventualità che segnerebbe una sconfitta per i Conservatori sia nel caso venissero esclusi dalla formazione del prossimo Governo (nonostante la netta affermazione in Europa) sia nel caso venissero costretti a sostenere una maggioranza che comprende anche il PSE.

Staremo a vedere che cosa succederà, qualunque cosa questo voto è riuscito a dare una scossa ad un’Unione Europea da troppo tempo ferma su posizioni conservatrici, incapace di avere una linea politica comune e incapace di parlare sulle questioni internazionali con una sola voce.

Lo Ius Soli spiegato in breve

L’argomento politico che tiene banco negli ultimi giorni è quello sulla discussione che si tiene in Parlamento sullo Ius Soli,  ma di cosa si tratta esattamente?

Ovviamente da giorni in televisione si scontrano favorevoli e contrari che non fanno altro che confondere il cittadino impedendogli di fondo di avere una propria opinione su quella che potrebbe essere una legge che creerebbe un momento epocale nel discorso dell’integrazione italiana: i figli degli immigrati che hanno completato un ciclo di studi in Italia, si sono formati nelle nostre scuole e rispettano le nostre leggi sono comunque,  indipendentemente dalla loro origine, da considerarsi a tutti gli effetti italiani, ma proviamo ad andare con ordine, rispondendo prima ad una domanda: da dove nasce il concetto di ius soli?

La parola deriva dal latino e letteralmente vuol dire diritto del suolo ed in diritto si contrappone al concetto di ius sanguinis (diritto di sangue).

Oltre agli Stati Uniti ci sono anche diversi paesi europei che concedono lo ius soli e sono: Grecia, Portogallo, Gran Bretagna, Francia, Irlanda Finlandia.

Molti fanno risalire il concetto di Ius Soli al Diritto Romano, ai tempi dell’Impero, il che non è vero (lo stesso Massimo Cacciari qualche giorno fa è incappato nell’errore durante un dibattito televisivo).

La genesi della legge denominata Ius Soli può essere riscontrata nel dibattito dottrinale che e giurisprudenziale sui diritti sovrani dei Principi nel XVI e XVIII secolo.

In particolare William Blackstone, giurista britannico del Settecento, tende a far risalire il concetto di ius soli  direttamente al sistema medievale del vassallaggio: in effetti il rapporto che lega il cittadino allo Stato che lo ospita è per molti aspetti simile a quello che nel Medioevo legava il Vassallo al proprio Re.

Detto questo, trovo che sia una cosa piuttosto normale che se qualcuno sia nato in un determinato territorio e ne ha studiato la tradizione e rispetta le leggi ne possa essere considerato ufficialmente cittadino.

Tra lo Ius Soli e lo Ius Sanguinis (diritto per discendenza) trovo molto più sensato il primo, soprattutto perché il secondo caso se estremizzato può portare a stragi e stermini in nome della Purezza della Razza.

Il voto austriaco che spacca l’Europa

In Austria hanno vinto i Verdi, sconfiggendo la destra estrema ma c’è poco da festeggiare.

La vittoria del candidato indipendente, ex socialdemocratico ed ora nei Verdi Van der Bellen contro Hofer leader della Destra Populista è una vittoria di misura che non rassicura il fronte europeista e di sicuro è un dato che non può essere sottovalutato.

La crescita del fronte populista anti euro – ben rappresentato in Italia con un fronte che va da Salvini con la Lega, da Meloni con Fratelli d’Italia ed in parte con i Cinque Stelle di Grillo – pone all’Europa una questione fondamentale: come fare per impedire che l’intero progetto europeo venga affossato?

Il 21 aprile avevo pubblicato su questo blog un articolo in cui analizzavo al scelta sucida dell’Europa di procedere con una strategia economica neoliberista che già si era dimostrata fallimentare negli Stati Uniti con la crisi del 2008 aggravata dal voler per forza applicare le politiche di austerity ad un sistema economico che in verità avrebbe bisogno di tutt’altre misure, ora a questo dobbiamo aggiungere la palese difficoltà dell’Europa a gestire la situazione dei migranti, una situazione che rischia di tracollare appena con l’estate riprenderanno sbarchi e migrazioni di massa dalla Siria, dall’Eritrea e con ogni probabilità anche dall’Egitto dove la situazione appare tutt’altro che calma.

L’Europa dei populismi anti euro e contro i migranti è in crescita, almeno a vedere gli ultimi risultati elettorali e pare che non ci sia un forte contrasto al populismo da parte di quelle forze tradizionali che sempre si sono definite pro Europa.

Ripensare il concetto stesso di Europa, ripartendo proprio dal quel Manifesto di Ventotene scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi (ricordato pochi giorni fa da alcuni esponenti del partito radicale tra cui lo stesso Marco Pannella prima di morire) deve essere la base per contrastare questa forma becera di populismo anti europeo.

Innanzi tutto tornare alle frontiere sarebbe un danno economico per l’Europa che si troverebbe da sola in un mondo sempre più polarizzato e contrapposto per blocchi dove a farla da padrone sono le economie americana e cinese, ma non basta: i nazionalismi nel corso della storia sono stati da sempre affiancati da una polarizzazione dello scontro e da una emergente cultura di destra che nel corso del Novecento ha portato a due guerre mondiali e ad un sistema polarizzato contrapposto per blocchi che rischia di portare di nuovo a pulsioni nazionaliste molto forti anche oggi, il che comporterebbe l’emergere di forze politiche che della lotta al diverso hanno fatto la loro ragione d’essere e su questo volontà di potenza  la cui diversità è stata spesso oggetto di campagna elettorale marcando la superiorità della razza (anche se almeno per adesso in maniera più blanda rispetto al nazismo od al fascismo) ribadendo come con l’immigrazione cresca il tasso di criminalità perché gli immigrati sono socialmente portati a delinquere.

Ovvio che per contrastare questa deriva andrebbe costruita una vera cultura europea a partire dalle scuole, spiegando come l’integrazione sia uno dei principi fondamentali del vivere insieme e di come le frontiere non sempre sono un bene.

Perché questo sia possibile però, perché la gente si innamori  del concetto di Europa noi dovremmo essere pronti a ripensare il concetto stesso di Europa, fare in modo che la nostra idea di Europa non sia quella degli sprechi e delle spese pazze denunciate da più parti, ma elaborare un pensiero ed un progetto di cui il Parlamento Europeo deve essere la guida ed epicentro.

Pensare ad esempio (come chiesto dal Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi) ad un sistema elettorale potrebbe essere il primo deciso passo verso la costruzione dell’Unione Federalista degli Stati Europei, per iniziare a pensare di realizzare una vera e propria confederazione di Stati dove ogni Paese membro possa decidere il proprio leader ed il proprio rappresentante, mantenendo la propria radice culturale e senza annullarsi in nome della globalizzazione, attraverso un sistema di votazione il più trasparente possibile, con l’identificazione di un leader  per ognuna delle correnti e con una competizione elettorale pensata non più semplicemente come un’elezione dei parlamentari ma come una vera e propria elezione del Presidente del Consiglio europeo, una figura con poteri ben definiti in grado di “nominare” un Parlamento con incarichi politici e con dei veri e propri ministeri con un peso.

Mi rendo conto che questa strada è forse quella più difficoltosa da percorrere, ma è la sola strada per salvare l’Europa altrimenti destinata ad una fine ingloriosa.