Emirati Arabi, il nuovo Medio Oriente

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Esiste un posto in Medio Oriente dove il crollo del prezzo del petrolio si sente meno che in altri Paesi della stessa zona.

Mentre in Arabia Saudita si teme il crollo del prezzo del greggio (l’economia saudita si basa praticamente solo ed interamente sul petrolio), sono gli Emirati Arabi, unico paese del Golfo Persico a non essere impensierito del crollo del prezzo del greggio a barile a 30 dollari.

Gli Emirati sono il quinto produttore di petrolio e gas, terzo al mondo per riserve di idrocarburi.

Attraverso una visione politica ed economica più oculata rispetto agli altri Paesi del Golfo Persico, portata avanti da Zayeb Bin Sultan al Nahyan e del figlio di Khalifa (che è succeduto alla morte del primo nel 2004) basata sul diversificare gli investimenti, gli Emirati sono riusciti a diventare da piccolo paese una vera e propria potenza mondiale, patria del lusso e dell’alta finanza.

Oggi il petrolio pesa sul PIL dello Stato solo per il 22%.

Metà del PIL degli Emirati Arabi Uniti è interamente basato sui servizi, anche grazie ad una legislazione più tollerante e più snella ed una tassazione basata su regimi fiscali che incentivano l’afflusso di investimenti stranieri.

Una vera e propria terra promessa per gli scambi commerciali insomma.

Terra cosmopolita nel quale gli italiani sono arrivati in notevole ritardo rispetto al resto del mondo – come riportato da Capital di aprile nell’intervista al Segretario Generale della Camera di Commercio Mauro Marzocchi che afferma:

Prima della fine degli anni Novanta-Duemila gli imprenditori italiani non sapevano nemmeno dove fosse Dubai. Adesso continuiamo a registrare un tasso di crescita rapidissimo. Il 2015 è stato il periodo di importazione più fertile da sempre per le esportazioni italiane negli Emirati. 

Quasi tre miliardi di euro nel mese dell’anno trascorso.

Oggi come oggi le imprese italiane sono al settimo posto tra i Paesi  fornitori ed al terzo tra quelli europei.

Una tendenza continua a crescere – grazie soprattutto all’esportazione dei beni di lusso come la gioielleria (23,5% delle esportazioni) . Le opportunità comunque si conquistano in loco, e lo dimostra la seconda voce di export, i macchinari (che pesano per il 23%).

Insomma, pare che la tecnologia italiana piace, ed il fatto che gli Emirati abbiano bisogno di una rete di trasporti, aeroporti più efficienti, strutture recettive all’altezza. L’acceleratore di tutto questo ovviamente è la preparazione di Expo 2020. Questo vale tanto per i grossi contractor quanto per le piccole e medie imprese che possono essere interessate ad investire in quelle zone.

Sfruttare il made in Italy classico, che soprattutto negli Emirati Arabi hanno dimostrato di saper apprezzare è un modo per l’Italia di costruire una interessante partnership  con una potenza in continua crescita, cosa che non può che far bene alla crescita economica dell’Italia ed al suo prestigio internazionale