Ayutthaya, Thailandia, ovvero “l’altra Thailandia”

La Thailandia è un altro di quei luoghi che almeno una volta nella vita andrebbe visitato.

In questo articolo non parlerò di Bankock ma di un posto nelle vicinanze, meno conosciuto forse della Capitale della Thailandia ma di sicuro non meno suggestivo.

Si tratta del sito archeologico di Ayutthaya, la antica capitale del Regno thailandese, suggestiva tanto per la maestosità dei templi che si sono conservati nel tempo quanto per alcune “particolarità storiche” utili soprattutto a coloro che vogliono scoprire un altro lato della Thailandia, non solo quello del divertimento.

Innanzi tutto un consiglio pratico: se avete intenzione di passare una giornata tranquilla è molto meglio rivolgersi ad un tour operator del posto che vi organizzi gli spostamenti, questo nonostante i collegamenti tra la capitale ed il posto di cui parliamo sono relativamente buoni (autobus e ferrovia) lo dico perché se la vostra intenzione è quella di visitare i templi non sempre questi sono raggiungibili e non sempre è pratico spiegare dove si vuole andare (soprattutto tenendo conto che sono molto pochi i thailandesi che parlano e capiscono bene l’inglese).

Detto questo possiamo iniziare il nostro tour, come abbiamo cercato di fare per Singapore possiamo suddividere l’articolo in due parti: la prima che si occupa dei templi e dei siti archeologici che vale la pena vedere, la seconda (per chi avrà intenzione di fermarsi da queste parti) su che cosa fare la sera (ci sono diversi mercati notturni di particolare interesse da visitare).

Partiamo dunque con i templi, visto che proprio questi sono considerati come una delle maggiori attrattive da visitare.

Il primo tempio che va visitato è senza dubbio il Wat Phanan Choen, il più moderno dei templi che incontreremo sul nostro cammino.

Statua del Buddha al Wat Phanan Choen

Questo tempio, rispetto a quanto potremo vedere in seguito, segue uno stile architettonico molto cinese, quindi sarete accolti da tegole in ceramica e colori particolarmente brillanti.

La particolarità di questo tempio (a differenza degli altri che visiteremo in questa zona della Thailandia) è che è ancora abitato dai monaci, quindi avrete qualche possibilità tanto di incontrare dei monaci buddhisti (a me è capitato di vederli mentre lavoravano la terra) quanto se siete fortunati di assistere a qualche rito, particolarità che da un punto di vista antropologico ha sempre il suo interesse (osservando il buddhismo “sul posto” mi sono reco conto di come spesso la percezione occidentale di quella religione risulti essere sballata e fallace).

La seconda tappa del nostro viaggio sarà uno dei templi più antichi: il Wat Yai Chai Mongkhon

Quello che colpisce subito di questo tempio è la grandissima presenza di statue del Buddha in posizione di meditazione, alla maniera thai, ma soprattutto il maestoso Buddha sdraiato (anche lui coperto da un drappo arancione) – a questo proposito apro una parentesi a titolo di curiosità: in Thailandia esistono diverse versioni del Buddha sdraiato, per quanto possano sembrare tutte uguali vi consiglio di fare attenzione agli occhi: se sono aperti il Buddha sta riposando, se sono chiusi abbiamo di fronte un Buddha morente. La cosa comunque che colpisce in tutte le statue del Buddha è la serenità del volto anche quando lo troviamo in meditazione; si tratta di un Buddha di sette metri, che si incontra passeggiando tra i viali. Sembra quasi una sorpresa trovarselo davanti, tanto per la sua grandezza quanto per il fatto che la sua mole copre buona parte della superficie del tempio.

Immagine del Buddha disteso

Questo tempio, oltre ad essere uno dei più antichi, è anche uno dei più isolati dal centro della città per cui si adatta particolarmente anche a coloro che vogliono dedicarsi alla meditazione oltre che all’aspetto turistico.

La terza tappa del viaggio non può che non essere il Wat Phra Mahatat, non fosse altro perché questo tempio è diventato un vero e proprio simbolo della Thailandia, il perché lo scopriremo subito.

Il tempio risale al XIV secolo, e tutta l’area è disseminata di piccoli chedi in buone condizioni (altro nome per indicare i monumenti funerari meglio conosciuti come Stupa).

La particolarità di questo tempio però non sono tanti gli stupa quanto la testa di una statua del Buddha, caduta a terra a seguito della distruzione del tempio) attorno al quale sono cresciute le radici di un albero, come se quell’albero fosse un “padre amorevole”.

Non so se sia il termine esatto ma non è facile trovare una parola meno adatta di “miracolo” perché si tratta di un vero e proprio miracolo.

Testa del Buddha nell’albero al Wat phra mahathat

Una cosa entusiasmante, quasi miracolosa appunto, che ci porta sino alla prossima tappa del nostro viaggio: il  Wihaan Mongkhon Bophit; rispetto agli altri si tratta di un tempio dall’architettura forse più moderna ma non per questo meno interessante, anche perché al suo interno è conservata una delle più grandi statue del Buddha di tutta la Thailandia e rispetto a tutte le statue in oro che abbiamo visto in giro per la Thailandia sarà quasi una sorpresa sapere che questo Buddha immenso è in bronzo.

Wihaan Mongkon Bophit, esterno

L’ultima tappa del nostro viaggio è il bellissimo e suggestivo Wat Phra Si Sanphet, caratteristico soprattutto per i tre stupa posti in fila al centro del tempio.

Le tre stupa del tempio di Wat Phra Si Sanphet

Anche qui (a costo di essere ripetitivo) vi posso consigliare di non fare assolutamente niente: perdetevi a vagare tra le rovine ed ammirate la bellezza del posto, tornerete sicuramente alle vostre case cambiati, con un ricordo di una bellezza senza tempo nel cuore.

Il nostro viaggio si è concluso in bellezza con una visita alla residenza estiva dell’imperatore: la reggia estiva di Bang Pa-In.

Un posto particolare da visitare, non tanto per la sua bellezza (rispetto ad altri posti è decisamente meno bello), quanto per la sua stravaganza, visto che qui è possibile incontrare diversi stili, da quello orientale classico (soprattutto nelle strutture dedicate al culto degli avi presenti in una buona parte della residenza) ma allo stesso tempo uno stile occidentale di ispirazione britannica, con statue di divinità greche e architettura decisamente occidentale.

Una curiosità: nel percorso troverete un paio di case aperte, per entrare (solo nel patio però) dovrete togliere le scarpe, si tratta delle case delle concubine dell’imperatore, interessante nel caso vi venisse il dubbio di sapere “come vive una concubina”.

Visuale di Bang Pa In

Come muoversi

Come detto all’inizio, la cosa più semplice è quella di rivolgersi ad un tour operator del posto che organizza visite (come ho fatto io), per una serie di motivi: innanzi tutto non tutti i posti sono facilmente raggiungibili. Per quanto in Thailandia si trovino ovunque tuc tuc in alcuni siti descritti dell’articolo non solo non è semplice trovarli ma non è nemmeno detto che voi riusciate a spiegare ai presenti che cosa esattamente cosa state cercando. La seconda questione è relativa ai prezzi: per quanto non costi molto spostarsi in taxi farlo per un aerea vasta come Ayutthaya inizia ad avere dei costi non proibitivi ma di sicuro contenuti, soprattutto se non siamo da soli.

Cosa mangiare

Allora, qui la questione inizia a farsi complessa. Se avete deciso di fare da voi, dovete sapere che ci sono diversi punti di ristoro nei vari siti archeologici, cercate sempre di andare sul sicuro quando ordinate qualcosa, giusto per non incappare nell’inconveniente di dover mangiare uno scorpione, la cosa migliore è quella di ordinare del riso, la cosa più sicura che potete ordinare da queste parti.

Detto questo (e con la speranza di essere almeno riuscito a farvi comprendere un po’ della bellezza dei luoghi visti ed avervi incuriosito) vi saluto, il prossimo viaggio sarà in Spagna, a Siviglia per la precisione, la terra del Flamenco insomma, quindi alla prossima.

Intanto vi saluto dalla Thailandia con la bellissima immagine di un tuc tuc, immaginate che con questo arriverò a Siviglia.

Singapore, la scoperta di un pezzo di Oriente

Vista della baia di Singapore

Avrei dovuto scrivere questo pezzo all’inizio del viaggio, cercando di fare un resoconto giornaliero di quello che aveva visto, ma visto il fuso orario (e vista la mole di cose fatte in due settimane per cercare di concentrare tutto quello che si poteva in così poco tempo) mi sono ridotto a scrivere le mie impressioni agli ultimi due giorni di viaggio, una decisione che nasce innanzi tutto dalla volontà di “consigliare” a coloro che ancora non ci sono mai stati a visitare l’Oriente, perché la visione del mondo orientale è così distante dalla nostra che vale la pena vederla (e scoprirla).

Certo, se si vuole avere un sentore di come sia la vita in Oriente Singapore non è che un assaggio, una sorta di paradiso funzionante dove tutto gira secondo un ordine prestabilito e dove ogni cosa (rispetto all’Italia ad esempio) sembra essere perfettamente funzionante.

La prima cosa che dovete sapere è che la popolazione è composta principalmente da cinesi, ma ci sono consistenti minoranze indiane, giapponesi, pakistane, europee, filippine e qualunque altra minoranza che può venire dall’Est Europa, perché dico questo?

Perché è il modo per introdurre una delle caratteristiche della città di Singapore: ogni minoranza etnica ha il proprio quartiere, ed ogni quartiere porta con sé la tradizione ed il modo di vivere di coloro che ne sono parte, per essere ancora più chiaro: se andate a Chinatown respirerete ovunque aria ed odori della Cina, andando a Little India vi sembrerà di essere stati trasportati da Singapore a Calcutta direttamente, solo con un viaggio in autobus.

Ma andiamo con ordine: a Little India ci arriveremo, intanto cerchiamo di fare un elenco dei posti che devono assolutamente essere visti a Singapore.

Marina Bay

Visuale dell’albergo Marina Bay sulla baia di Singapore

Se andate a Singapore non potete non fare un giro dalle parti della baia, anche se non riuscite a prenotare una notte al Marina Bay – quella cosa là in alto che vedete a forma di nave – un giro per la baia va sicuramente fatto (nel caso foste invece interessati a prenotare una notte in albergo di seguito il link da cui lo potete fare https://reserve.marinabaysands.com/search?locale=en&offerCode=&flow=tf tenete conto che una notte costa in media tra gli 880/900 dollari di Singapore, in euro parliamo di una cifra che si aggira tra i 500 ed 600 euro).

Una cosa che non potete assolutamente perdere è il giro in barca sulla baia

soprattutto di notte, quando i giochi di luce illuminano la baia con colori del tutto spettacolari.

Chinatown

Singapore è una città sostanzialmente moderna, con grattacieli altissimi e centri commerciali all’avanguardia (in seguito parleremo anche dei centri commerciali per consigliare dove mangiare) eppure la sua bellezza sta proprio nel riuscire ad essere una “città nella città”, sensazione che si ha esempio andando nel quartiere di Chinatown.

Quando si entra a Chinatown da queste parti sembra davvero di essere in Cina, niente a che vedere con le varie Chinatown in Italia. Architettura, negozi, cibo, tutto rimanda alla Cina (a questo proposito va detto che la cucina cinese è molto diversa da quella che abbiamo in Italia che di cinese ha molto poco) e sicuramente è un ottimo posto dove comprare qualche souvenir per ricordare il proprio viaggio a Singapore o qualche ricordino da prendere per gli amici.

Da visitare qui c’è il tempio buddhista di Chinatown, da visitare anche per capire come funziona la religione buddhista (di cui molto spesso abbiamo una percezione molto occidentalizzata).

Se entrate nel tempio con lo spirito adatto difficilmente non proverete una sensazione di pace osservando il Buddha (oltre che rimanere colpiti dalla bellezza dei templi buddhisti, così lontani dalla nostra concezione di luogo di culto) .

Se invece volete fare shopping da queste parti non avete che da perdervi nelle mille e più bancarelle che si snodano lungo tutto il quartiere, così come non avrete problemi a mangiare (a condizione che siete amanti della cucina cinese, perché qui raramente troverete qualcosa di diverso dalla cucina cinese).

Little India

Ingresso a Little India

Un altro posto da visitare se siete a Singapore (anche se non so se qualche guida turistica lo consigli) è il quartiere di Little India. Da visitare perché se a Chinatown eravamo in Cina entrare a Little India sembra viaggiare nello spazio e nel tempo e precipitare di colpo a Calcutta. Colori, negozi, caos, tutto rimanda all’India in questa parte di Singapore. E qui, oltre che consigliarvi di mettervi a cercare un ristorante pulito nel caso voleste mangiare (questa parte di Singapore non eccelle per pulizia indubbiamente) non posso che consigliarvi di fare una capatina alla zona commerciale Mustapha, perché?

Ma perché potrete trovare di tutto: dai negozi che vendono oro (e anche cellulari e qualunque altra cosa vi salti in mente) e soprattutto potreste respirare quella che a tutti gli effetti è l’aria di un suk, un clima completamente diverso dalla apparente freddezza dei centri commerciali del resto di Singapore, dove vi troverete a fare la spesa accalcati con altre migliaia di persone che cercano di muoversi con carrelli in un supermercato dai corridoi strettissimi dove tutto è ammassato come se davvero fosse un mercato.

Il motivo per cui consiglio di provare questa esperienza (oltre che per il fatto che vale veramente la pena) è perché da queste parti potreste acquistare facilmente ogni tipo di spezia e di the a costi contenuti (io ho comprato ad esempio un ottimo the al gelsomino e altre varietà di the cinese ed indiano e diverse quantità di ogni genere di spezia difficili da trovare in Italia).

Orchard

Altro posto che non si può non visitare è la zona commerciale di Orchard, non fosse altro per vedere la zona di quello che possiamo definire “shopping di lusso”.

Dimenticatevi di poter comprare qualcosa (a meno che non andate nei negozi non di marca) perché qui i prezzi non sono accessibili a tutti – a conferma che il costo della vita a Singapore non è particolarmente basso ed i singaporeani non guadagnano nemmeno tanto poco – ma indubbiamente è un posto da vedere, anche perché il sabato sera da queste parti ci sono spettacoli dal vivo e concerti di vario genere, quindi di sicuro troverete come “svoltare la serata”.

Qui tra le altre cose troverete eccezionali posti dove mangiare cibo orientale, come ad esempio l’ottimo Din Tai Funv (https://www.dintaifung.com.sg/) dove potrete non solo mangiare i ravioli ma anche ammirare come i ravioli vengono fatti, una vera e propria catena di montaggio dove ognuno lavora in maniera meticolosa per dare vita ad un prodotto perfetto non solo nel gusto ma anche esteticamente. Nel caso veniste da queste parti vi consiglio di accompagnare la cena non con acqua o con vino ma con del the verde, una cosa molto tipica da queste parti.

Fullerton Hotel

Ingresso del Fullerton Hotel

Altro posto che vale la pena visitare, anche perché all’interno si trova una bellissima galleria d’arte è il Fullerton Hotel, anche qui i costi sono piuttosto alti, però vale la pena visitarlo anche solo per vedere un albergo in completo stile liberty e coloniale.

Trasporti

Una volta detto tutto questo la domanda quasi obbligata è: come spostarsi a Singapore? Il modo più rapido e veloce è quello della metropolitana, che collega letteralmente ogni parte della città, mezzo consigliato anche per capire (e vedere) la differenza tra le metropolitana di Singapore e quelle italiane: anche qui, come nel resto del Paese del resto, tutto appare perfettamente in ordine, non una cosa fuori posto e soprattutto ogni metropolitana ha posti a sedere per tutti ed è dotata di aria condizionata.

La metropolitana di Singapore è divisa principalmente in tre linee: la rosso-verde , la gialla e la viola che collegano tutte le zone della città (di seguito vedrete un’immagine con le foto proprio delle linee) e quindi ogni zona che abbiamo menzionato in precedenza è raggiungibile dalla metropolitana o con la linea diretta o facendo un cambio (o due a seconda della zona dove siamo diretti).

Un motivo per prendere la metropolitana da queste parti è che la vita si sviluppa principalmente sottoterra per cui viaggiare in metro vuol dire scoprire che esiste tutto un altro mondo oltre quello di superficie, dove si trovano negozi, punti di ristoro e negozi dove fare shopping.

Un consiglio: la cosa migliore per spostarsi è prendere la carta ricaricabile (con venti dollari dovreste riuscire più o meno a girare tutta Singapore senza ricaricare di nuovo visto che il costo del viaggio è a chilometro e non fisso).

Singapore Linea Rosso-Verde
Singapore Linea Viola
Singapore Linea Gialla

Credo di avervi detto più o meno tutto quello che può esservi utile per un primo approccio alla città di Singapore.

Ovviamente le indicazioni sono più che altro per un viaggio turistico, le considerazioni su tutto il resto (sul modo di vivere, sulla loro filosofia e sul modo in cui vive Singapore) saranno rimandate, semmai ad altra sede.

Spero con questa (imperfetta) descrizione di Singapore di essere riuscito in qualche modo a stimolare la vostra curiosità su quello che è un mondo completamente nuovo, diverso da noi, un mondo in qualche modo tutto da scoprire (nelle prossime settimane vi parlerò anche di Bangkok, altro posto da visitare almeno una volta nella vita, per cui se vi va restate connessi).

Post scriptum: Nel caso voleste chiedere qualcosa o avete qualche curiosità in generale non esitate a scrivere o contattarmi e cercherò di rispondere a tutte le vostre domande.

“Maternità surrogata” nell’Antica Roma…

Uno degli argomenti che più di altri tiene banco in questi ultimi anni è quello della “maternità surrogata” ovvero le donne che mettono in affitto il proprio utero per mettere al mondo figli di altri. Una pratica che da molti è considerata una aberrante pratica della modernità che stravolge il “ruolo della donna madre” all’interno della famiglia, ma è davvero così?

Quale sarebbe la vostra reazione se ad esempio vi dicessi che la pratica dell’utero in affitto era già conosciuta e praticata nell’antica Roma senza nessuno scandalo? Un articolo uscito su Focus di questo mese parla proprio di questa pratica dell’Antica Roma. Personaggi noti e meno noti (anche considerati dei veri e propri moralisti per l’epoca) non si facevano scrupolo di “affittare” l’utero della propria moglie per fare un favore ad un amico o per creare delle alleanze con le famiglie più potenti.

Ci sono alcuni esempi eclatanti di romani che hanno “usufruito” di questa possibilità, molti dei quali sono anche saliti agli onori delle cronache per le loro imprese storiche o per le loro gesta.

Prendiamo ad esempio la figura di Marzia, citata anche da Dante nella Divina Commedia tra le “anime magne” dell’Inferno.

Marzia visse in tarda età repubblicana (siamo nel 62 A.C.) e come tutte le ragazze della sua età viene costretta dal padre a sposarsi giovanissima per volontà del padre con il console Lucio Marcio Filippo. Bisogna innanzi tutto ricordare che le spose romane sono spesso delle bambine di 12 o 13 anni, come dice l’articolo “vergini pronte a sottomettersi alla virilità del maschio per garantirgli una discendenza”. La donna romana per essere considerata un esempio di virtù doveva essere casta, restare in casa a filare (raramente era presente sulla scena pubblica). Le donne che parlavano troppo o che bevevano erano considerate delle prostitute, considerate dedite allo scandalo ed al vizio.

Marzia risulta essere in questo un raro esempio di virtù: dà a Catone due figli ed “obbedisce” a tutti i voleri del marito, il quale a sua volta la ama profondamente ed è sempre pronto ad esaudire ogni suo desiderio. Fin qui sembra essere un matrimonio perfetto finché non entra in scena un terzo personaggio: Quinto Ortensio Ortalo.  Per chi si occupa di storia romana e letteratura latina Ortensio Ortalo è un personaggio noto, considerato uno dei più illustri oratori romani. Ortensio Ortalo viene citato spesso anche da Cicerone, il quale gli dedicò un’opera perduta appunto dal titolo Hortensius.

Tornando a noi, Ortensio chiede al suo amico Catone di “affittare” la moglie (ovviamente sposandola) visto che non può avere figli dato che la moglie è sterile. Le parole di Ortensio le conosciamo grazie a Plutarco che le riporta nel suo Vite Parallele: 

Tua moglie ti ha già dato un numero sufficiente di eredi, ed è abbastanza giovane per averne altri: lascia che li faccia, questa volta per me.

A dire il vero Ortensio inizialmente aveva chiesto a Catone di sposare sua figlia Porzia (che avrebbe sposato in seconde nozze Bruto, l’assassino di Cesare), offerta rifiutata da Catone il quale non voleva concedere la figlia, considerata il suo bene più prezioso ad un uomo troppo anziano. Ortensio però aveva insistito: se non la figlia perché non la moglie?

Nessuna fonte riporta se Marzia fosse contenta o meno di andare in prestito ad un altro uomo, però sappiamo che secondo la legge di Roma il marito aveva tutto il diritto di prestare la moglie ad un amico affinché questa generasse dei figli per lui. Nessuna donna aveva il potere di opporsi a questa volontà.

La pratica di concedere l’utero della propria moglie in “affitto ” non ha niente a che vedere comunque con il nostro contemporaneo desiderio di “maternità” o di “paternità”, si tratta più che altro di un vero e proprio “dovere civico della donna”.

A partire dal I secolo A.C. la natalità a Roma era in calo e le autorità erano non poco preoccupate. Oltretutto bisogna considerare che i troppi schiavi liberati avevano acquisito la cittadinanza “romana”, insomma si trattava più che altro di una politica per “dare nuovi figli alla patria”.

I Romani del resto (come sappiamo dalle norme che regolavano il matrimonio nell’Antica Roma) raramente si sposavano per amore.

Questo ovviamente non vuol dire che non provassero sentimenti, ma di certo il matrimonio era più che altro dettato da interessi economici e ambizioni di ascesa sociale (come del resto avveniva anche nel passato recente, dove spesso i matrimoni rispondevano più ad interessi dinastici che ad un amore vero e proprio).

Il caso più celebre resta quello di Livia, andata in sposa al cugino Tiberio Claudio Nerone e ceduta proprio dal marino ad Ottaviano nel 38 A.C. Leggenda vuole che Livia e Ottaviano fossero travolti dalla passione. Secondo un ragionamento molto più pratico pare che ad Ottaviano convenisse non poco prendere in prestito Livia per imparentarsi con la sua famiglia, la Gens Claudia, una delle famiglie più ricche e nobili di Roma.

Questi sono solo alcuni degli esempi (alcuni dei più noti), come al solito nel leggere questo articolo vi chiedo di sospendere ogni “giudizio morale” poiché si tratta di storia.

La società odierna (anche se non ovunque) è cambiata, quindi prendete questo articolo per quello che è: una curiosità storica per conoscere il nostro passato, un pezzo di società e di storia romana per comprendere meglio chi siamo, da dove veniamo ed il prezzo delle nostre conquiste.