“Progresso” e “sviluppo” una differenza sostanziale per la crescita della sinistra

Sempre più spesso nella sinistra italiana si sente parlare di “Alleanza progressista” come se questa definizione potesse essere da sola una spinta agli elettori a votare per questa coalizione politica.

Ora, se andiamo a rileggere un articolo di Pierpaolo Pasolini del 1973 viene fatta una distinzione tra “progresso” e “sviluppo” (PIERPAOLO PASOLINI, Sviluppo e progresso, sta in Scritti Corsari, 1973).

Il primo termine richiama necessariamente al marxismo, il quale parla di “progresso” per spiegare il superamento della società capitalista (una forma di “progresso” appunto che consentirebbe all’individuo di “progredire ad uno stadio superiore”), espressione che riporta necessariamente ad un miglioramento delle condizioni di vita degli operai, dei contadini e degli intellettuali di sinistra, i quali vedono nel “progresso” una condizione necessaria per la realizzazione del comunismo.

Il secondo, il termine “sviluppo” invece viene accostato al pensiero della Destra, interessata allo “sviluppo”(inteso come “sviluppo e crescita tecnologica”, utile ma non necessaria allo realizzazione del “comunismo” il quale prescinde dalla logica stessa dell’idea di sviluppo).

Lo sviluppo, se inteso come “sviluppo industriale e tecnologico” non porta nessun beneficio alla classe operaia (o per estensione al lavoratore) che si trova ad identificare il concetto di “progresso” con quello di “sviluppo”, vivendo dunque una condizione di alienazione perché allo “sviluppo industriale” non coincide un miglioramento (e dunque un “progresso”) delle proprie condizioni di vita.

La Sinistra, rinunciando alla prospettiva di realizzazione della società comunista ha abbandonato dunque l’idea del “progresso” accettando come miglioramento della vita dell’individuo lo “sviluppo”, attraverso la realizzazione di un progresso tecnologico comunque non accessibile alle masse (che dunque non migliora la condizione dell’individuo stesso, come abbiamo visto).

Si tratta del grande paradosso della Sinistra moderna: la definizione di “progressista” viene fatta coincidere con quello di “sviluppo tecnologico ed industriale” creando il paradosso di una società tecnologicamente avanzata la quale però non migliora la vita dell’individuo ma anzi lo rende ancora più alienato perché quelli che sono i mezzi di produzione che portano allo sviluppo restano a lui inaccessibili, dando solo l’illusione di libertà (la libertà di poter avere accesso alla merce prodotta – e non ai mezzi di produzione – non migliora necessariamente l’individuo, mantenendo di fatto in vita tutte le contraddizioni evidenziate da Marx nel sistema capitalista).

Ora, prima di accettare e fare propria la definizione di “progressista” sarebbe necessario chiarire innanzi tutto che cosa si intende per “progresso”: se la definizione di progresso viene fatta coincidere con il concetto di sviluppo allora la Sinistra stessa ha perso la propria spinta rivoluzionaria (diventando parte di quel sistema che in realtà si proponeva di abbattere), diventando essa stessa sistema.

Se invece per “progressismo” si intende la volontà di superare la attuale società per costruire un modello di società alternativo all’attuale sistema allora bisogna stabilire quale forma di società sarebbe migliore dell’attuale (e facesse dunque “progredire” l’individuo).

Se non si risolve questo paradosso la Sinistra non sarà mai in grado di uscire dalla logica alla base del sistema capitalista ( di fatto conservatore) che è necessario mantenere lo status quo (ovvero tutta la sovrastruttura della società contemporanea) per poter garantire la sopravvivenza del capitalismo stesso e che il solo modo di mantenerlo è quello di trasformare l’operaio in potenziale capitalista creando l’illusione dell’uguaglianza attraverso il libero accesso alla merce (ma non ai mezzi di produzione).

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