Mattarella bis. Chi vince, chi perde

Le elezioni del nuovo Presidente della Repubblica si sono di fatto concluse con un nulla di fatto: alla fine del Grande Gioco il Parlamento non è stato in grado di trovare un nome condiviso, un candidato decente in grado di prendere il posto di Mattarella.

Eppure queste elezioni hanno comunque dato dei segnali politici interessanti per capire quali sono gli equilibri dentro le forze politiche in Parlamento in vista delle elezioni del prossimo anno.

Una nota a margine, prima di dare le pagelle va fatta: quella che abbiamo vissuto più che una crisi parlamentare è stata una vera e propria crisi politica, dove i leader di partiti non solo hanno perso la loro capacità di attrattiva sulle masse ma hanno anche perso il controllo dei loro partiti sempre più in difficoltà.

Matteo Salvini

Partiamo dal grande sconfitto.

Matteo Salvini. Avrebbe dovuto essere il king maker dell’elezione del Presidente della Repubblica.

Questa elezione sarebbe dovuta essere per Salvini il battesimo del fuoco che lo legittimava come capo indiscusso del centrodestra, il primo che riusciva a far eleggere un Presidente alla destra.

Invece questa elezione è stata la sua Caporetto. Una sconfitta peggiore di quella subita da Bersani nel 2013, quella dei famosi 101 franchi tiratori.

Andiamo però con ordine: inizialmente Salvini decide di giocare di rimessa. Nelle settimane precedenti le elezioni ha cercato in tutti i modi di smarcarsi dalla pesante autocandidatura di Silvio Berlusconi.

Nel corso delle elezioni è riuscito a dire tutto ed il contrario di tutto.

Prima presenta la rosa di nomi composta da Moratti, Pera e Nordio. I nomi a prova di bomba del centrodestra, tre nomi che avrebbero dovuto avere il consenso del centrosinistra perché “non hanno tessere di partito e perché sono nomi al di là di ogni sospetto” una conferenza stampa fantozziana, dove ad un certo punto a proposito di Pera dice “mica è da tutti scrivere un libro con Benedetto XVI”.

Peccato che poi si lascia abbindolare dal centrosinistra che boccia i nomi costringendo Salvini ad iniziare un disperato inseguimento per cercare un nome che potesse piacere al centrosinistra.

Cerca di far virare i suoi su Casini, ci ripensa, poi ritorna su Casini e crea confusione nella sua stessa coalizione.

Alla richiesta di nome super partes propone Elisabetta Casellati – cercando una sponda con Renzi che però lo lascia appeso – puntando sul fatto che non “si possa dire di no al Presidente del Senato”. Risultato, la Casellati viene bruciata non ottenendo nemmeno i voti della Lega. In poco meno di due giorni riesce a distruggere il fragile equilibrio del centrodestra, perdere consensi nel suo partito e portare alle quasi dimissioni di Giorgetti dal Governo.

Distruttivo: Voto 3

Giorgia Meloni

Di certo nemmeno Giorgia Nazionale può cantare vittoria.

La sua speranza era quella di mandare Mario Draghi al Colle per tornare al voto il prima possibile e la rielezione di Mattarella non è di certo una vittoria.

Nonostante il nome proposto da Fratelli d’Italia non avesse nessuna chance di vittoria (Nordio) è stato utile per dare un segnale importante alla coalizione di centrodestra: Fratelli d’Italia è apparso l’unico partito coeso e con una strategia.

La loro idea era quella di mandare Draghi al Colle per andare al voto anticipato, visto che non era possibile tanto valeva restare all’opposizione e votare per un proprio candidato.

Tattica: Voto 6,5

Enrico Letta

Il segretario del PD sapeva solo due cose quando tutto è iniziato: non aveva i numeri del Parlamento e doveva evitare i franchi tiratori nel suo partito.

Decide allora di adottare la strategia migliore: tirare i remi in barca ed aspettare che fossero gli altri a fare proposte e bruciare candidati nella migliore tradizione democristiana.

Con i suoi no e le sue non risposte manda fa saltare i nervi a Salvini che va letteralmente in tilt, fa saltare il banco dell’asse Conte-Salvini per il nome della Belloni, fino a portare tutto il Parlamento dove voleva lui: ovvero scegliere un nome tra Draghi e Mattarella.

Alla fine viene eletto il secondo, Letta esprime soddisfazione anche se non era il suo candidato ideale (visto che anche lui come la Meloni avrebbe preferito andare al voto anticipato per non logorare troppo il partito

Democristiano: Voto 7-

Luigi di Maio

Se proprio si dovesse cercare un vincitore nelle giornate convulse che abbiamo vissuto, il vincitore è proprio lui.

Il ragazzo di Pomigliano d’Arco, quello che venne usato come figurina da Beppe Grillo nel 2013, che parlava del partito di Bibbiano e che tutti prendevano in giro perché aveva fatto il bibitaro a San Paolo negli anni in cui è stato in Parlamento ha studiato ed ha capito benissimo come funzionano i meccanismi del potere.

Di Maio aveva in mente tre obiettivi: prendere il posto di Draghi come Presidente del Consiglio, lasciare tutto com’è e liberarsi della morsa di Conte e Grillo per riprendersi il movimento.

Di tutti quelli menzionati sinora è il solo che sarebbe caduto in piedi in qualunque caso.

Resta in silenzio per buona parte delle elezioni, lasciando a Conte la patata bollente di parlare con la stampa, salvo poi affossarlo con un colpo di teatro quando boccia il nome della Belloni dicendo “Elisabetta è una sorella, ma non la voto”.

Doroteo: Voto 9.

Giuseppe Conte

Forse perché non troppo avvezzo ai giochi di potere in una situazione simile, forse perché troppo buono ed ingenuo, fatto che sta che l’ex Avvocato degli Italiani viene asfaltato su tutta la linea.

Va detto che in molti casi ha fatto tutto da solo: sino a pochi giorni prima delle elezioni sostiene Mattarella, poi inizia a spingere per un candidato donna, chiunque esso sia.

Cerca di liberarsi del duo Di Maio-Letta che trama alle sue spalle cercando di stringere un accordo sulla Belloni con Salvini ma viene sconfessato dalla stesso di Maio che lo lascia con il cerino in mano, perde completamente contatto con la realtà e con il suo stesso partito ed è costretto ad accettare obtorto collo la rielezione di Mattarella.

Ingenuo: Voto 4

Matteo Renzi

La sua strategia era semplice: far eleggere Pierferdinando Casini.

Il fatto è gioca la sua partita come un consumato giocatore di poker che ha in mano un full mentre ha una coppia di due.

Va detto che ci prova sino alla fine, tessendo trame, cercando un asse che vada da destra a sinistra sperando di conquistare consensi per il suo candidato senza farlo sapere troppo in giro. Depista i giornalisti parlando della cessione di Vlahovic alla Juventus e tiene la bocca cucita su qualunque nome possibile per la presidenza.

Quando si accorge che non ha chance lo molla in maniera cinica e fa convergere i voti su Mattarella per intestarsi almeno una parte della vittoria degli altri.

Ha il merito di essere il primo ad affossare il nome della Belloni e costringe tutti gli altri a seguirlo sulla stessa strada che avrebbe portato in maniera inevitabile alla rielezione di Mattarella.

Cinico: Voto 7,5

Anna Maria Casellati

Cade nella trappola di credere che Salvini abbia i voti per eleggerla e rimane spiazzata quando si rende conto non solo di non avere i voti della sinistra (come era ovvio) ma di non avere nemmeno quelli del centrodestra.

Commette il grave errore di restare al suo posto mentre nello spoglio facendosi inquadrare più volte mentre manda messaggi al cellulare, incurante di tutto quello che le succede attorno.

Non contenta, al momento dello spoglio con il suo nome, compie l’errore di restare seduta al suo posto mentre avviene lo spoglio, costringendo Salvini a difenderla con parole improbabili.

Disperata: Voto 5

Altri attori

Pierferdinando Casini

Il Grande Sconfitto.

Come ogni elezione che si rispetti entra da papa e ne esce cardinale ma ha il merito di uscirne a testa alta.

Per tutta la durata delle elezioni non rilascia una dichiarazione che sia una, posta sui social una sua foto da giovane parlando di “passione politica” e tesse trame con gli altri parlamentari cercando di conquistarsi il più ampio consenso possibile, sapendo benissimo che la sua potesse essere una battaglia persa. Non si espone al carrozzone mediatico e quando viene eletto Mattarella evita accuratamente gli schizzi di fango prodigandosi in complimenti per la scelta dei partiti e nei complimenti al Presidente rieletto.

Vero Democristiano: Voto 7,5

Mario Draghi

Anche lui, entra da papa e ne esce cardinale se non vescovo.

Dopo aver lanciato la sua personale opa alla carica di Presidente della Repubblica con il discorso di fine anno e convinto che tutti i partiti lo eleggeranno al Colle rischia di restare con il cerino in mano, senza la Presidenza e soprattutto con un governo spaccato.

Per quanto rispetto a Mario Monti (recentissimo predecessore Presidente di un Consiglio di un Governo tecnico) Mario Draghi è indubbiamente più “politico” ma in questo frangente dimostra di non avere la minima idea della politica.

Incapace di leggere gli equilibri su cui si regge il Parlamento, analizzare le forze in campo, si lancia in una improponibile autocandidatura visto il momento che si trova a vivere l’Italia.

Si salva in corner chiamando personalmente Mattarella implorandolo di accettare un secondo mandato.

Egocentrico: Voto 6,5

Sergio Mattarella

Il vero convitato di pietra di queste elezioni presidenziali.

Il nome che aleggia per tutta l’elezione in ogni angolo del Parlamento.

Cerca in tutti i modi di evitare di essere tirato in ballo, parla ogni volta dei rischi costituzionali in caso di rielezione ed apre alla sua rielezione solo nel caso in cui ci fosse una larga maggioranza sul suo nome.

Scompare dai radar per tutti e cinque i giorni, non rilascia dichiarazioni, diventa un fantasma.

Ricompare solo per accettare il mandato presidenziale per la seconda volta dopo essere risultato il Presidente eletto con più voti nella storia repubblicana.

Accetta l’incarico esordendo con una frase che secondo me entrerà nella storia: “Avevo altri piani, ma mi metto al servizio delle istituzioni” dimostrando di essere un buon servitore delle istituzioni da una parte e dall’altra lasciando comunque intendere che serve una profonda riorganizzazione dei partiti, che comunque non tocca a lui.

Vero mattatore: Voto 10

Silvio Berlusconi

Altro convitato di pietra alle elezioni del Presidente, a differenza di Mattarella, si muove come un caterpillar giocandosi tutte le carte a disposizione per essere eletto Presidente.

Sconfessato prima ancora della sua elezione dai suoi stessi alleati prova sino alla fine a giocare una partita che era già persa in partenza e si fa male.

Quando si rende conto che non ha nessuna possibilità prova a minare il centrodestra dall’interno spingendo i suoi a votare per Mattarella quando tutto il centrodestra vota per Casellati (i 49 voti per Mattarella sono quasi tutti di Forza Italia).

Politicamente forse è finito ma riesce comunque con un colpo di coda a non consegnare il centrodestra a Salvini e Meloni e non è detto che alle prossime elezioni non avrà comunque voce in capitolo pur essendo di fatto fuori dai giochi.

Stratega: Voto 5,5.