Leopolda 10, qualche considerazione

Matteo Renzi alla Leopolda

Domenica si è conclusa a Firenze la decima edizione della Leopolda, la kermesse politica che dieci anni fa ha lanciato un giovanissimo Matteo Renzi a diventare uno dei protagonisti politici (nel bene e nel male) degli ultimi anni.

A margine della manifestazione, spesso e volentieri definita “fucina di idee” si sono sempre mossi politici, personaggi noti e meno noti dello spettacolo, che hanno messo in campo la propria esperienza nella prospettiva di costruire qualcosa (questo sempre a quanto dicono gli organizzatori).

Innanzi tutto ci tengo a precisare una cosa: questo articolo non vuole essere polemico nei confronti di nessuno (alla manifestazioni ho potuto vedere le foto di diversi amici con cui ho condiviso un pezzo di strada) e le mie considerazioni sono da prendere come una pura analisi basata su un fattore politico ideologico, non personale.

Questa edizione della Leopolda è stata per molti versi diversa dalle altre, visto che ha sancito la nascita ufficiale di Italia Viva, il partito che Matteo Renzi aveva un testa da un po’ di tempo, almeno da quando alla fine del referendum del 4 dicembre il PD iniziò ad andargli un po’ troppo stretto.

Simbolo di Italia Viva

Con la nascita di Italia Viva possiamo affermare in maniera definitiva che Matteo Renzi ha abbandonato l’equivoco di fondo della sua segreteria nel Partito Democratico (e quindi della sua visione politica) dichiarando finalmente di non essere di sinistra (semmai ci fossero ancora dei dubbi).

Non voglio entrare nel merito della polemica con il Partito Democratico, ma vorrei limitarmi ad una serie di notazioni su quello che è emerso dalla visione politica di Italia Viva.

Innanzi tutto possiamo dire che il partito si richiama in maniera aperta ai valori espressi da Forza Italia e da Silvio Berlusconi (lo stesso Renzi ha ammesso che è sua intenzione andare a conquistare i voti dai delusi di Forza Italia – da cui nascono i vari ammiccamenti agli elettori di Berlusconi proprio in sede leopoldiana) e quindi un campo di valori che si allontana di molto da quelli che dovrebbero essere i valori della sinistra propriamente detti.

Già durante la sua esperienza di Governo molti dei provvedimenti portati a casa (per quanto giusti) nascono da una forma mentis più vicina a quella dei partiti conservatori anglosassoni che non (ad esempio) ad un partito laburista comunque legato ad un modello di società marxista. Al massimo possiamo dire che il modello di partito che ha in mente Matteo Renzi è un modello “all’americana” comunque lontano da quella che è una visione ed una prospettiva “di sinistra”.

Un modello di “partito liquido”, come lo voleva Veltroni, ed un modello di partito che nasce da quel “superamento delle ideologie” che ha fatto tanto male alle sinistre, soprattutto perché a loro si contrappone un modello di destra che tutto è tranne che “post ideologica” ma che anzi, proprio delle ideologie sembra essere sempre più intenzionata a costruire il suo consenso elettorale.

Staremo a vedere come costruirà il consenso e come si comporterà in vista delle prossime elezioni (quindi quali saranno le alleanze e con chi sarà intenzionato a dialogare) perché sulla base di questo sarà possibile capire i margini di dialogo che con una simile forza possono esistere.

La nascita del partito di Renzi potrebbe essere la prima vera opportunità per il Partito Democratico di “aprire” a sinistra (non solo ai Cinque Stelle ma anche a tutte quelle forze che dal 2008 ad oggi sono state lasciate fuori dal Parlamento con una serie di leggi elettorali volte a creare una sorta di oligarchia partitica), cercando di essere parte di un progetto che non guarda al centro ma inizia a rispondere (nuovamente) a quei cittadini che naturalmente formano il bacino elettorale della sinistra e del centrosinistra, ma su questo avremo ancora modo di tornare.

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