I numeri arabi, cosa sono e come sono arrivati a noi

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In questi giorni sui social è possibile che abbiate visto un post con la seguente scritta: ” vogliono introdurre i numeri arabi nelle scuole, voi siete d’accordo?” e ci sono commenti ironici su quanto le persone siano ignoranti, ma la domanda è: sappiamo davvero da dove vengono i numeri arabi? Quelli che chiamiamo numeri arabi sono davvero arabi? Perché si decise che era meglio di quelli romani?

Seguiamo le tracce dei numeri arabi…

Quelli che vengono chiamati comunemente numeri arabi sono i numeri che usiamo nella vita di tutti i giorni: 0, 1,2,4,5,6,7,8,9 e sono dette per l’appunto “cifre arabe”, anche se quello su cui noi oggi basiamo i nostri calcoli è un sistema detto “metrico decimale” che è un miglioramento dei numeri arabi.

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Le cifre arabe comunque non sono giunte a noi nel modo in cui le scriviamo, ma sono un’evoluzione dei numeri brahmi indiani , i quali dopo innumerevoli trascrizioni per mano di popoli diversi sono arrivati ad essere scritti da noi nel modo in cui li conosciamo.

Ma andiamo con ordine: partiamo dalla storia dei numeri arabi.

Abbiamo visto che né i numeri arabi né il relativo sistema di calcolo che li accompagna è stato inventato dagli arabi, bensì si tratta di un’invenzione indiana che si sviluppa tra il 400 a.C ed il 500 d.C.

Sono chiamati arabi perché la loro diffusione avvenne proprio grazie ad alcuni astronomi arabi. 

Tutto ebbe inizio intorno al 650 a.C: un vescovo siriano accenna in un proprio manoscritto ad alcuni simboli con cui il popolo indiano riesce a scrivere ogni numero e fare di conto molto più velocemente di quanto non succeda con i numeri romani.

Durante il califfato di Al-Mamun, nel 772 d.C giunse nella città di Bagdad una delegazione di matematici indiani che portò al Califfo un’opera dove veniva spiegato per filo e per segno come attraverso dieci segni potesse essere possibile scrivere qualsiasi numero e svolgere facilmente i calcoli (l’opera in questione è il Siddantha).

A tale opera attinse l’astronomo arabo Al Khwarizmi, responsabile della biblioteca del Califfo ed autore di numerose opere di astronomia, aritmetica ed algebra.

 

Sessualità a Roma antica, qualche curiosità

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Perché iniziare questo viaggio nella storia parlando di un argomento come la sessualità nell’Antica Roma?

Avremmo potuto iniziare parlando di qualche personaggio storico (come Cesare o chiunque altro) invece abbiamo deciso di dedicarci ad un argomento particolarmente scomodo come la sessualità.

Innanzi tutto per affrontare un simile argomento dobbiamo innanzi tutto “ripulire” la nostra mente da ogni idea di sessualità che abbiamo oggi, sia essa aperta o chiusa.

Sì, perché i romani (così come per i Greci del resto) i confini di omosessualità eterosessualità erano molto meno netti di quello che possiamo pensare noi oggi.

Basti pensare che la lingua latina non ha una traduzione equivalente per definire l’omosessualità né l’eterosessualità come natura sessuale dell’individuo. Non esisterebbe dunque nessuna distinzione tra gay ed etero.

La sessualità era determinata principalmente da quelli che potremmo definire “manierismi comportamentali”, sia maschili che passivi, in ruoli sia maschili che femminili.

La società romana era una società patriarcale e come tale il maschio era considerato “autorità primaria” enfatizzata dal concetto di mascolinità attiva come premessa di potere e status.

Gli uomini erano liberi di avere rapporti sessuali con altri uomini, ma anche in questo caso bisogna fare particolare attenzione a quello che si dice.

Esisteva un ferreo regolamento che regolamentava i rapporti sessuali tra uomini ed era scritto in quella legge conosciuta con il nome di Lex Scantinia.

Questa legge – secondo gli storici – è stata creata per penalizzare qualsiasi cittadino maschio di alto rango che ha assunto volontariamente un ruolo passivo nel comportamento sessuale.

In campo militare l’omosessualità era considerata una grave violazione alla disciplina militare (come ad esempio riporta lo storico greco Polibio raccontando come l’omosessualità potesse essere punita con il fustuarium – bastonatura a morte).

Contrariamente a quanto si possa pensare (e sono in molti a pensarlo) lo stupro era una pratica condannata dalla legge romana, così come era fortemente condannato lo stupro di minori. Per prevenire tale rischio i ragazzi indossavano un indumento detto toga praetexta, un marchio di stato “inviolabile” ed una bolla per allontanare gli sguardi degli uomini.

Una menzione a parte va fatta per i matrimoni omosessuali, sebbene durante i primi anni imperiali pare fosse una pratica comune.

Marco Valerio Marziale sostiene che il matrimonio tra uomini “è qualcosa che accade di rado, anche se non lo disapprovano”.

Agli inizi del III secolo ad esempio a contrarre matrimonio con un uomo fu l’imperatore Elagabalo (Marco Aurelio Antonino Augusto 218-222 D.C) a contrarre matrimonio con un atleta di nome Zoticus.

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Con il modificarsi dell’identità religiosa dell’impero sono iniziate a cambiare anche le abitudini sessuali dei romani. Gli de pagani politeisti, come Giove o Marte, vennero progressivamente sostituiti dalla religione monoteistica del cristianesimo e la sua influenza si diffuse in tutto il mondo classico.

Entro il quarto secolo dC iniziarono i primi divieti legali contro la pratica del matrimonio omosessuale veniva criminalizzata come parte del Codice Teodosiano. Nell’anno 290 gli imperatori cristiani, Valentiniano II, Teodosio I ed Arcadio dichiararono l’omosessualità illegale in tutto l’Impero e venne istituita la condanna al rogo.

Sotto l’imperatore Giustiniano I fu decretato che qualsiasi forma di comportamento omosessuale fosse contraria alla natura e bandita attraverso l’Impero d’Oriente.

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Quanto scritto in questo articolo non vuole entrare nel dibattito (ancora oggi presente sui giornali e e nelle parole dei ministri) sull’omosessualità e sui matrimoni, ma prendere semplicemente atto di come siano mutate le condizioni antropologiche del rapporto con l’omosessualità con il cambiare anche le abitudini “antropologiche” dei romani.

Le mutate condizioni religiose hanno portato necessariamente ad un cambio di paradigma anche della morale e del modo di pensare della società.

Quello che oggi viene percepito come “problema” nella Roma antica era una pratica normalmente accettata anche se abbiamo visto a determinate condizioni.

 

Curiosità storiche

Lo so, su queste pagine principalmente si è parlato di politica, di economia e di attualità e decidere di punto in bianco di parlare di storia potrebbe “spiazzare”.

Ma prima di essere una persona che si interessa di politica (e nei limiti delle sue possibilità prova anche ad occuparsene) sono uno storico ed un insegnante di latino ed allo stesso tempo sono un appassionato di archeologia quindi ho pensato “perché non usare queste pagine per raccontare ogni tanto qualche cosa che riguarda il mio campo di lavoro?” così eccoci qui.

Doverosa una premessa: nel corso di queste lezioni di storia potrei decidere di affrontare diversi argomenti, dalla fine dei Templari al Fascismo passando per la storia dell’Impero Romano cercando sempre e comunque di mantenere un distacco che potremmo definire storico nel raccontare gli eventi, lasciando a voi lettori di trarre le vostre conclusioni. Dunque iniziamo… seguite ancora questo blog e seguite il tag #curiositàstoriche e #storia potreste entrare in mondo affascinante e scoprire cose che sino a ieri ignoravate… pronti?