La sinistra guardi all’esperienza del Portogallo per un programma di Governo

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un progressivo abbandono da parte della sinistra di quelle che erano le peculiarità dei programmi politici della sinistra.

Da una parte abbiamo assistito alla progressiva scelta da parte delle sinistre europee di accettare i principi di quella che possiamo definire la Terza Via e la progressiva accettazione delle politiche di austerity imposte dall’Europa seguendo lo schema del “non esiste alternativa” e del successivo “senza l’austerity si rischia la bancarotta”.

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La stessa crescita dell’Italia è avvenuta sulla base dei vincoli di bilancio imposti dall’UE con una serie di politiche di fatto hanno abbassato il costo del lavoro aumentando in questo modo la crescita, una scelta politica che ha messo a posto alcuni conti del Paese ma non ha di certo aiutato la crescita del benessere dei cittadini e dei lavoratori, anzi ha creato le condizioni per un sistema costruito sulla precarietà e sulla difficoltà di creare impresa rispondendo sempre alla logica del mercato unico imposto dall’Europa.

Il progressivo cedimento della sinistra a quelli che sono i valori di una società liberista sono stati per anni oggetto di discussione e di contestazione a cui però si dava sempre la stessa risposta: in un sistema economico in cui sono mutate le condizioni non esiste altra risposta possibile se non quella delle politiche di austerity e del pareggio in bilancio e la sinistra deve abbandonare la strada della socialdemocrazia (non prendo nemmeno in considerazione quella che dovrebbe essere la via del comunismo perché quella è stata progressivamente abbandonata già negli Anni Novanta) per governare i processi della società capitalista lavorando non più a tutela del lavoratore ma del capitale.

Questi processi, che sono stati in parte mutuati dalla logica della Terza Via di Tony Blair, hanno portato alla progressiva scomparsa del disegno socialdemocratico in Europa relegando i partiti della sinistra a dei veri e propri comprimari delle destre liberiste di tutta Europa.

Basti citare il caso della Francia, della Germania e della Spagna per comprendere cosa intendo, tre Paesi dove la sinistra è costretta a fare da stampella ai governi di destra relegando sè stessa ad un ruolo marginale nella politica internazionale.

Eppure in Europa esiste un caso limite, un Paese dove si è costruita una alleanza tra socialdemocratici e comunisti sulla base di un programma di Governo improtando alla crescita pur non rispettando quelli che erano i vincoli imposti dall’Europa: sto parlando del Portogallo, dove il Partito Socialista governa insieme ai comunisti e ha risanato il bilancio migliorando anche le condizioni di vita del cittadino.

Facciamo un passo indietro: il Portogallo, negli anni in cui emerse l’acronimo PIIGS (che identificava a detta dell’Europa i Paesi membri a rischio bancarotta se non avessero rispettato i parametri imposti dalla Trojka – BCE, FMI e Banca Mondiale – e che altro non era la sigla di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) era il primo dei Paesi a rischio bancarotta se non avesse accettato i prestiti della Trojka e restituendo i prestiti a costi esorbitanti (come ad esempio successo alla Grecia).

L’accettazione delle politiche di austerità aveva portato il Portogallo ad una sostanziale instabilità politica molto simile a quella della Grecia e dell’Italia dove sembrava essere impossibile formare un Governo in grado di governare i processi politici per uscire dalla crisi.

In questo contesto il Partito Socialista Portoghese decide di fare una scelta in controtendenza rispetto al resto dei partiti socialisti europei: invece che andare nella direzione di una “Grossa Coalizione” tra destra e sinistra decide di formare una alleanza “rossa” insieme al Partito Comunista Portoghese ed il Partito di Bloco de Izquierda (nato nel 1999).

I tre partiti decidono di mettere da parte le loro divergenze (il Partito Comunista ad esempio è fortemente antieuropeista) in nome della stabilità per il Portogallo mettendo in piedi un governo di alternativa a sinistra che ha progressivamente portato il Portogallo ad una costante crescita del PIL ed ad un progressivo miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.

Il GOVERNO COSTA sarà ricordato come il Governo della crescita

I dati sono sotto gli occhi di tutti: il PIL è al 2,7% (mai così alto dal 2000), il deficit è sceso ai minimi storici mentre la disoccupazione è scesa all’8%.

Tuttavia per comprendere la situazione portoghese occorre fare un passo indietro: prima di questo esperimento nel 2011 al Governo c’erano proprio i socialisti con Socrates, il quale cadde proprio per aver avviato le politiche di austerity chieste dall’Europa. Le elezioni del 2011 consegnano la vittoria alla destra liberista, che procede alla macelleria sociale con le linee guida della Trojka con la forte opposizione dei socialisti in Parlamento.

Alle elezioni successive i socialisti si resero conto di non poter cambiare linea politica dopo le dure contestazioni alla destra ed allora decide di guardare ad una alleanza di sinistra, magari non in grado di vincere le elezioni ma che avrebbe consentito al Partito Socialista di non vedersi completamente abbandonato dal suo elettorato. Contro ogni previsione questa coalizione socialista-comunista non solo vince le elezioni ma porta avanti delle politiche che permettono la crescita del Paese, permettendo in questo modo la rinascita del Portogallo (vedi i dati citati sopra).

COSA HA FATTO IL GOVERNO PORTOGHESE PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI VITA DEI LAVORATORI?

La scelta del Governo è stata quella di stimolare i consumi con un semplice restauro dei salari pre Trojka in settori come ad esempio quello della ristorazione e una riduzione progressiva dell’IVA (che comunque, va detto, rimane tra le più alte in Europa). Il resto lo ha fatto (come afferma Left nella sua analisi sul caso portoghese) la liberalizzazione del mercato immobiliare della destra che ha consentito di smuovere il mercato immobiliare aprendo le porte agli investimenti di turisti stranieri anche facoltosi (tra coloro che hanno acquistato in Portogallo troviamo anche la stessa Madonna) ed ha aperto le porte allo sviluppo della Sharing- economy.

Sebbene non sia tutto oro quello che luccica (ci sono ancora diverse questioni che vanno portate avanti come ad esempio il promesso aumento dello stipendio degli statali del 12% fermo da anni)  o il progressivo rischio sulla perdita di identità nazionale per “colpa del turismo” va fatto notare come quello portoghese possa essere un esempio per buona parte delle realtà socialdemocratiche e comuniste in Europa.

Come riportato nell’ultimo numero di Left nell’intervista a Andrè Freire, docente universitario presso l’istituto universitario di Lisbona:

Più che un modello direi che il caso portoghese possa essere visto come una via da percorrere per la socialdemocrazia europea. Non scordiamoci che una soluzione di questo tipo è possibile solo quando le sinistre hanno i numeri per formare un Governo.

Questa è una questione non da poco conto, almeno se andiamo ad analizzare il caso italiano e ci chiediamo se una simile via può essere percorsa.

L’Italia paga una totale assenza di partiti di sinistra, soprattutto di un partito socialdemocratico in grado di allearsi con una sinistra radicale fuori dai radar della politica da almeno dieci anni.

Si rende dunque necessario da una parte di ripensare i metodi della comunicazione di quella parte di sinistra radicale, ripensando ad un modo di comunicare senza abbandonare i propri valori e contestando quelle che sono le linee guida della propria politica, mentre da parte della sinistra che si richiama a principi socialdemocratici andrebbe presa coscienza del fatto che le politiche liberiste non solo si sono rivelate un fallimento ma sono anche alla base delle disuguaglianze sociali che si vuole combattere.

Dopo aver preso atto di questi elementi – che devono essere alla base della costruzione di un processo di costruzione di una alleanza governativa – va costruito un programma che risponda alle esigenze dei lavoratori ma che allo stesso tempo possa evitare i timori dell’Europa sul cedimento strutturale della politica economica dell’Italia.

Una strada lunga da percorrere, ma allo stesso tempo la sola strada possibile per vedere di nuovo la sinistra al Governo con la speranza che porti avanti una politica di sinistra anche nei fatti e non solo nelle parole.

Un auspicio che può e deve diventare reale se vogliamo tenere alto il PIL dell’Italia ed allo stesso tempo consentire agli italiani una vita migliore.

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