La scarsa lungimiranza della minoranza PD (a sinistra manca sempre un progetto)

Quest’estate è segnata dal tema dell’immigrazione, della crisi del sistema bancario italiano (Monte dei Paschi di Siena, banca più antica del mondo avviata ormai verso una svendita per salvarsi dalla bancarotta), del mutato contesto geopolitico dopo il golpe in Turchia – e la formazione di un nuovo asse turco-russo -, la crisi del terrorismo internazionale di matrice islamica attraverso la guerra lanciata dall’IS, e la crisi del sistema bancario europeo.

In tutto questo contesto la minoranza del Partito Democratico, quella che si richiama ai “valori della sinistra” traditi dal segretario di cosa si occupa?

Del modo per fare fuori Renzi, parla di papi stranieri (quelli che io ho definito più volte candidati figurina), parla di votare No al referendum non opponendosi nel merito della riforma (E dire che di cose di cui parlare ce ne sarebbero in questa riforma costituzionale), ma sperando in questo modo di poter battere Renzi al Congresso del PD che in caso di sconfitta sarebbe imminente e necessario.

La cosa più assurda è che la sinistra potrebbe anche essere disposta a sostenere in caso di caduta di Renzi un nuovo governo tecnico sul modello del Governo Monti che rimetterebbe mano ai conti, alzerebbe le tasse e imporrebbe nuove misure di austerity sempre al grido di “lo vuole l’Europa”.

Il fatto è che la sinistra italiana mostra di non avere un progetto, di andare in nessuna direzione nemmeno “ostinata a contraria” come direbbe De André, dimostra non solo una pericolosa mancanza di leader ma anche di visione e di progetti.

Il solo argomento che trovano è quello del fare fuori Renzi, accusato di ogni nefandezza di sistema come se loro ne fossero stati esenti.

Fu Bersani a stracciare il progetto di un centrosinistra unitario decidendo di sostenere il Governo Monti, fu sempre la segreteria Bersani a scegliere la continuità del Governo Tecnico eleggendo alla Presidenza della Repubblica Giorgio Napolitano al posto di Stefano Rodotà come chiedeva a piazza, perché forse Rodotà avrebbe sciolto le Camere per tornare al voto dato che mancava una maggioranza chiara che potesse ottenere l’incarico di governo.

Tutto avveniva mentre al Congresso la minoranza si presentava divisa in due tronconi (Civati e Cuperlo) senza una soluzione di continuità, senza uno straccio di idea di come fare minoranza senza visione del futuro.

Ecco, quello che manca al PD non è un leader ma una visione di futuro. La sinistra si limita a navigare a vista, nella pia illusione che le cose possano cambiare da sole, che si prima o poi “addà passà la nottata”. Rotto il rapporto con il marxismo completamente abbandonato, inseguiti per anni principi di economia neoliberista imitando un modello americano che si è dimostrato fallimentare ha smesso di inseguire gli elementi di innovazione del principio berlingueriano del partito di lotta e di governo scegliendo di essere né l’uno né l’altro.

Tracciare una via non  è mai semplice, soprattutto quando si tratta di argomenti “spinosi” come economia, geopolitica, politiche di immigrazione.

La sinistra italiana ha deciso di prendere a modello un sistema rassicurante di idee preso un poco dalla tradizione democristiana un poco da quella comunista miscelando le cose e creando un partito che altro non è che un coacervo di personaggi alla ricerca di notorietà e di nomine senza una visione politica.

Se la sinistra italiana vuole rinascere deve innanzi tutto smettere di imitare modelli esteri, cercando una “via italiana al progressismo” così come  suo tempo aveva cercato una “via italiana al socialismo” perché questo sia possibile è necessario investire forze e risorse nella formazione di una nuova classe dirigente, prendendo persone da quella “generazione Erasmus” che ha fatto suoi i valori del multiculturalismo e del progressismo e che oggi si trova spaesata, abbandonata da politica e sindacati senza nessuna forma di tutela e senza ambizione del futuro.

Si tratta di rimettere al centro al concetto di “lavoro” evolvendo quel pensiero marxista che parlava di plus valore cercando ad un metodo di applicazione pratica dei principi del marxismo alla società a capitalismo avanzato, senza nostalgie del passato, senza pensare  alla vecchia idea del “si stava meglio quando si stava peggio” ma lavorando davvero ad una alternativa di sistema, costruendo e non distruggendo, tessendo non disfacendo, discutendo e non accusando. In occasione delle ultime elezioni amministrative ho sentito diversi commenti che hanno scaricato l’intera colpa delle sconfitte alla politica di Renzi  al Governo senza rendersi conto che quella sconfitta è figlia di almeno cinque anni di errori che hanno sfiancato gli elettori ed i simpatizzanti dirottando voti sui Cinque Stelle.

Se davvero l’idea è quella di battere Renzi non posso che essere d’accordo con Cacciari: serve non un papa straniero ma un nuovo gruppo dirigente, una nuova proposta politica e un nuovo modo di pensare il concetto stesso di politica, rimettendo al centro il cittadino e la sua idea di partito, aprendo all’associazionismo, non usandolo puramente come “bacino di voti” ma come potenziale per concepire nuove politiche.

Senza questa concezione di “partito nuovo” sarà impossibile non solo sconfiggere Renzi ma anche pensare di battere i Cinque Stelle, che sono a mio avviso i veri eredi della concezione della politica berlusconiana (con qualche elemento di socialismo).

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