Il voto europeo e la fine del “centrismo”

Le ultime elezioni europee, al di là del risultato che non cambia nulla all’interno degli assetti del Parlamento Europeo ha comunque lanciato un segnale politico importante: la fine del centrismo come pratica politica.

Partendo dal fallimento del Terzo Polo in Italia (sia a causa di divisioni politiche incomprensibili agli elettori sia a causa di un programma politico completamente sballato) per arrivare alla sconfitta di Macron in Francia (talmente tanto netta da costringere il Presidente alle elezioni anticipate) la sconfitta delle politiche centriste andrebbe analizzata (e metabolizzata, soprattutto a sinistra) come un dato di fatto.

Prima di parlare della Francia (la cui situazione complessa merita più di qualche attenzione) cerchiamo di analizzare quello che è successo a casa nostra (sempre tenendo conto, come già ricordato nell’articolo sulle elezioni europee, che l’affluenza era al di sotto del 50%).

La vittoria di Fratelli d’Italia che si assesta al 29% (circa) conferma che la linea governista e populista di Giorgia Meloni sembra riscuotere un notevole successo tra le masse.

La Presidente del Consiglio è riuscita, dal momento che ha vinto le elezioni, a tenere in piedi da un lato la politica moderata capace di rassicurare l’Unione e scongiurare così il pericolo fascista (ne sono testimonianza anche le frequenti visite negli Stati Uniti ed i frequenti incontri con il Presidente americano Joe Biden) e dall’altro presentare un programma politico decisamente sbilanciato a destra sia un campo politico (premierato) sia nel campo dei diritti (difesa della famiglia tradizionale), quasi o nulla in campo economico dato che le nostre decisioni sono vincolate alle direttive europee (lasciando pertanto ai singoli governi pochissimo margine di manovra).

Peraltro un risultato in controtendenza quello italiano: laddove tutti i governi in carica hanno perso l’Italia è il suo Paese ad aver confermato il voto delle urne, rafforzando la posizione di Giorgia Meloni tra gli italiani e soprattutto tra gli alleati di governo.

La luna di miele tra il Paese e il Governo sembra dunque continuare, sebbene le notizie dal Parlamento Europeo sembrano non essere buone: non solo Giorgia Meloni rischia di essere completamente ininfluente nella decisione della prossima presidente del Parlamento Europeo (e tutto sembra indicare una riconferma della Von der Layen) ma, se l’Unione Europea dovesse iniziare a battere casse dove aver indicato una procedura per effrazione a danno dell’Italia (stavolta in compagnia di Francia e Germania) il Governo sarebbe costretto ad operare ancora più tagli a sanità, istruzione e welfare per far fronte a quelle che sono le richieste dell’Europa.

Il Partito Democratico dal canto suo ha visto premiato il suo nuovo corso che lo pone come “antagonista naturale di Fratelli d’Italia”. La decisione di puntare sulla costruzione di un fronte progressista sembra stia dando i suoi frutti (se il PD è passato dal 17% delle scorse europee al 24% delle elezioni attuali) sebbene rimanga un progetto ancora in fieri e soprattutto rimane un processo monco (soprattutto se l’emorragia di consensi ai Cinque Stelle dovesse continuare a salire).

La situazione italiana, insieme alla vittoria di AFD in Germania e soprattutto di Marine le Pen in Francia indicano due cose: innanzi tutto uno spostamento verso destra dell’opinione pubblica europea (complice la decisione delle sinistre di accettare le logiche del neoliberismo e farle proprie) ma soprattutto indica la necessità di polarizzare lo scontro politico tra destra e sinistra, se è vero che alle prossime elezioni Macron rischia di rimanere schiacciato tra appunto il partito di Marine le Pen e il neonato Fronte Popolare che mette insieme tutte le forze della sinistra francese con un programma decisamente orientato ad una politica sempre meno orientata verso il centro e sempre più spostata a sinistra (appunto).

Allo stesso modo l’Unione Europea rischia di restare invischiata (per l’ennesima volta) in un Governo di larghe intese che rischia di scontentare tutti i Paesi e tutte le forze politiche, da destra a sinistra. Il centrismo sembra dunque essere arrivato alla fine, per cedere il posto alla radicalizzazione dello scontro destra-sinistra riportando la politica degli Stati nazionali ad una politica di radicalizzazione e di polarizzazione delle posizioni politiche.

Una radicalizzazione meno netta del passato (poiché la maggior parte delle forze appartenenti al PSE sono per il mantenimento dello status quo almeno nel Parlamento Europeo) ma che allo stesso tempo rischia di sconvolgere gli equilibri nazionali e di conseguenza quelli europei, soprattutto se (come sembra) in Francia dovessero vincere le forze della destra lepenista la quale a quel punto potrebbe pensare sul serio di dettare legge in Europa ed essere la base per la costruzione di un ampio fronte di opposizione alle politiche dell’Unione Europea.

Bisogna dunque aspettare per capire se questa analisi è corretta, ma sino a questo momento i segnali sembrano essere inequivocabili: la stagione politica della conquista dei voti al centro sembra essere definitivamente archiviata.

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